Sul Colle


Alla fine...

"Alla fine si sono visti davvero e sono andati insieme in Via De Amicis. Fino a ieri mattina non si conoscevano, ma le loro vite si erano intrecciate trent'anni fa, proprio lungo quella strada del centro. Lui, Mario Ferrandi, aveva solo 21 anni il 14 maggio 1977. Studente, era un autonomo e di lì a poco sarebbe finito nella lotta armata... Lei, Antonia Custra, quel giorno non era ancora nata. Ma in Via De Amicis, quel pomeriggio di maggio, c'era suo padre: il vice brigadiere di polizia Antonio Custra, 25 anni" (da La Nazione del 27 giugno 2007) che fu ucciso da un colpo di pistola sparato dal Ferrandi.

Si è trattato dell’incontro tra due vittime, Antonia vittima in quanto privata di una vita normale dalla morte violenta del padre e dalla incapacità comprensibilissima della madre a reagire (lo si legge nel libro di Mario Calabresi, Spingendo la notte più in là, edizioni Mondadori, che consiglio a tutti); e Mario l’assassino, succube e quindi vittima dei burattinai del terrore che ieri si nascondevano dietro i nomi di Marx e Lenin e di termini come “proletariato” e “lotta di classe”. Oggi che gli anni di piombo sono passati, molti di quei protagonisti si sono resi conto di quale dannata e insensata spirale stavano seguendo e stanno cercando di riemergere all’umanità. Ma quanta fatica, quanti sforzi, quante battaglie sono necessarie per ritornare ad essere uomini, dopo che si è stati trasformati in bestie fameliche e sanguinarie, nella consapevolezza che non si potrà mai essere come prima, prima di quei gesti e di quelle immagini, prima che i “ladri di ogni coscienza” riuscissero, per ingenuità o per debolezza, a indottrinarti e a lanciarti, a mano armata, contro la vittima designata. No, non è possibile, perché quello che si è fatto rimane e gli sbagli compiuti continuano a rodere, ma è possibile guardare avanti, perché è possibile dare e chiedere perdono: in questo sta la grandezza dell’uomo! Su quel marciapiede di Milano, si è compiuto un miracolo vero e proprio, un miracolo laico, se si vuole, ma potente e straordinario, che fa luce non solo riguardo allo specifico, ma anche riguardo ai tanti aspetti oscuri del presente a livello globale, generale, mondiale.

Avere fiducia, sì fiducia! Perché nonostante tutto, alla fine, l’umanità trionfa e il bene può vincere anche nella realtà e non solo nella finzione dei film e delle telenovelas, dove i buoni vengono sempre salvati, magari all’ultimo momento, magari dalla carica di un reggimento, ma salvi, ammaccati, ma salvi. Sì, buttiamo nella pattumiera tutto quel parlare buffonico del balletto quotidiano dei politici del momento; buttiamo nella discarica quasi tutte le ca… (volate) dei protagonisti della cronaca nazionale e internazionale; buttiamo nell’immondizia tutto quel marasma che ci sommerge ogni giorno, fatto di preoccupazione per la sicurezza, per l’inflazione, per questo o quel co… (comero). Ritagliamo quella scena, appendiamo quell’icona alla parete, quella stretta di mano tra Antonia e Mario e diciamo: è possibile, è possibile avere fiducia e sperare.

Sì, l’uomo, la sua coscienza è più forte di ogni bestialità, di ogni ideologico lavaggio del cervello, che certo può fare tanto male, tante stragi, tanto sangue, ma alla fine, sì, alla fine l’uomo, la sua umanità trionfa! [Segue dietro]

E' così, cari (si fa per dire) ideologhi del nulla, blasfemi seminatori di odio per i vostri tornaconti di potere, soprattutto lo dico a chi tra voi si nasconde magari dietro il santo nome di Dio (domani chissà cosa inventerete), a voi che andate nei luoghi di culto mettendo il vostro culo all’insù (i veri credenti di quella fede offrono la fronte, voi solo quello potete rivolgere al Signore!) per far vedere che siete pii, per dare ad intendere ai babbei che ci credete e che siete puri e duri e quindi meritevoli di essere obbediti. Ebbene, le note di Via De Amicis sono per voi, una sinfonia che celebra il vostro destino: dominerete purtroppo su molte persone, le costringerete a fare cose inaudite, usando la loro disperazione di poveri privi della consapevolezza della propria dignità, ma sconfitti siete e sconfitti resterete. Quel Dio in cui voi dite di credere vi contrasta, vi combatte, vi spiazza e alla fine vi schiaccerà la testa.

Gli uomini e le donne di buona volontà faranno la loro parte, che seguano Cristo, o Maometto, o Hare Krisna o chissà chi non ha importanza! Voi vorreste seminare contrasti, divisioni, sospetti, contrapposizioni; ebbene, noi non cadremo nei vostri tranelli! Resteremo fermi, senza creare barricate, senza giudizi affrettati e precostituiti, continueremo ad offrire la mano in ogni direzione, ad aiutare chiunque avrà bisogno. E aspetteremo, attivamente, non con le mani in mano, ma aspetteremo… di vedere il vostro cadavere galleggiare lungo il fiume.

 

Il mondo ha tante differenze ma una sola è la vera divisione

Qualcuno vorrebbe far credere che il mondo sia diviso in tante categorie, e che queste non possano che essere contrapposte, messe l’una contro l’altra, necessariamente, inevitabilmente, senza esclusione di colpi. Di fatto, apparentemente, così sembra.

Non sembra forse che le esigenze dei seguaci di una religione o di una fede siano in antagonismo, spesso violento, con quelli di un’altra, con predicatori zelantissimi che nel sacro nome di Dio tutto arrivano ad ammettere: botte da orbi, anche a bambini e minorenni, sgozzamenti, stupri e quant’altro? Non sembra forse che le donne rivendichino una loro superiorità, sia fisica che mentale, sugli uomini? Ho ancora nella testa gli slogan delle femministe d’ieri e le saccenti dichiarazioni di chi oggi perderà il ben dell’intelletto solo perchè una donna magari e forse andrà all’Eliseo o perchè in Scandinavia le ministre sono più numerose dei ministri. Per tutta risposta sembra rafforzarsi la tesi di chi vorrebbe consapevolizzare i maschi ch’è giunto il momento di reagire e di riconquistare le posizioni perdute. Ma ci siamo mai chiesti la differenza, ad esempio, di un impiegato uomo o donna alle poste? di un militare, uomo o donna che sia, con un fucile o con un lancia-granate? C’è differenza? Ma non fatemi ridere, che non ne ho voglia!

Ricominciamo. Non sembra che i ricchi facciano di tutto per diventare sempre più ricchi ed abbiano una gran voglia di darlo a vedere, sia come singoli che come comunità, andando spesso e volentieri contro i diritti dei più poveri? Antonio Vermigli, nel suo incontro tenuto a Colle ai primi del mese di aprile, ci ricordava alcuni dati impressionanti tra i quali: l’80% dell’umanità è sottoalimentata o soffre la fame, circa 250 milioni di bambini (tra i 6 e i 12 anni) lavorano nel mondo per un pezzo di pane anche 12-16 ore al giorno, cinque persone americane - ma non conta la nazionalità - hanno da sole un reddito maggiore di quello di tutta l’Africa... Ma c’era bisogno che ce lo ricordasse il Vermigli? Basta guardare alle nostre strade, naturalmente facendo le debite proporzioni, dove un numero crescente di auto giganti rampano e sfrecciano, a fronte di un numero crescente di persone, e non solo extracomunitari, che non ce la fanno più ad arrivare alla fine del mese e che vengono a bussare alla porta anche solo per un chilo di zucchero (se non ci credete, fatevelo raccontare da chi gestisce i “banchi alimentari”).

Ancora. Non sembra che i laici siano sempre più arrabbiati contro la Chiesa, vista come la negatrice di tutto ciò ch’è nuovo e la Chiesa, nei suoi elementi più clericali, a sua volta, sia rinserrata, oserei dire ripiegata, sulla difesa, talvolta solo isterica e piazzaiola, dei valori, tanto da giungere a negare la benedizione a un uomo totalmente paralizzato, che ha avuto l’unico torto di chiedere la morte?

Potremo continuare, trovando altre cento, altre mille contrapposizioni, tutte motivo o comunque occasione di malessere e di sofferenza, eppure nessuna di queste è quella determinante, perchè non è quella di fondo: quelle che ho nominato, volendo fare un esempio, sono come i rami di un albero che confondono il tronco, ma tronco e radice sono un’altra cosa. La vera divisione del mondo, quella da cui tutte le altre nascono e si alimentano, nascono e si intrecciano, non è quella tra credenti e non credenti, tra cristiani e non cristiani, tra uomini e donne, tra ricchi e poveri, tra laicisti e clericali, tra chi è sposato in chiesa e chi in comune, tra chi è sposato e chi sta insieme senza esserlo per niente, e chi più ne ha ne metta. La divisione vera, l’abisso incolmabile è tra chi ama e chi non ama, tutto qui, sì, spietatamente è tutto qui. Totò lo diceva in altri termini, dividendo l’umanità tra uomini e caporali, cioè tra chi - il caporale - è solo capace di dare ordini, di pretendere, di sfruttare, di accampare pretesti, insensibile, freddo, estraneo e chi - l’uomo - sa farsi partecipe dei problemi, delle sofferenze, delle ansie, delle paure, del desiderio di riscatto e di affetto dell’altro. Da quale parte debba stare il cristiano per me è scontato.

La rinuncia

(di Elisa e Francesco)

Il Signore possiede sei perfezioni: una ricchezza illimitata, una fama illimitata, una forza illimitata e una bellezza, una conoscenza e una rinuncia altrettanto illimitata” (Induismo).

“Possa rinunciare completamente alle azioni egoiste e mettere in pratica, per il bene degli altri, le azioni virtuose e liberare tutti gli esseri dalla confusione e dalla sofferenza

(Buddismo).

Senza la rinuncia alle cose, non si ottiene nulla” (Martin Lutero - Protestantesimo).

Così dunque ognuno di voi che non rinunci a tutto quello che ha non può essere mio discepolo” (dal Vangelo secondo Luca 14,13)

Parlare della rinuncia non è facile; più o meno non si rinuncia a niente. Sono passati i tempi della povertà, dei cappotti girati, della vita modesta accontentandosi di stare davanti al camino a parlare, senza TV, senza consigli sugli acquisti…

Eppure quante cose meravigliose sono nate da persone che hanno rinunciato a tutto.

Due storie parallele: Chiara Lubich, Chiara Amirante.

CHIARA LUBICH

Nasce a Trento nel 1920 da una famiglia benestante.    Nel dicembre del 1943 lascia gli studi universitari, la famiglia,   si consacra a Dio.     Fonda il  Movimento dei Focolarini che oggi è presente in quasi duecento paesi  ed  ha  più di centodiecimila membri  interni.  L’ispirazione  è  centrata  sull’attuazione  pratica  del Vangelo,  sulla  carità scambievole  e  sull’unità.   “Che tutti siano una cosa sola”    (Giov. 17-20): a questo versetto del Vangelo si è ispirata Chiara e in queste cittadelle che lei ha creato gli abitanti si esercitano ad amarsi a vicenda,  a vivere il Vangelo.  Si forma in tal modo il progetto di una società nuova.  Chiara tiene rapporti con rappresentanti di tutte le grandi religioni: Islam, Buddismo, Induismo…  Il suo impegno per l’unità e la pace le ha ottenuto numerosi riconoscimenti  in varie parti del mondo.  Ha scritto diversi libri; le sue opere sono tradotte in venti lingue.

CHIARA AMIRANTE

 Anche  lei  nasce in una famiglia  benestante  e colta;   frequenta  l’università,  è  fidanzata.    Poco più che ventenne  attraversa  un periodo molto drammatico della sua vita.   Si salva da un incidente stradale e le muore travolta da un’auto l’amica più cara.    Si ammala gravemente agli occhi,  sta malissimo per cinque anni, poi guarisce di colpo.

A questo punto decide di consacrarsi al Signore: fa promessa di castità, povertà, obbedienza e gioia.  Nel febbraio del  1991  Chiara inizia a recarsi di notte alla stazione  Termini  (Roma),    ad incontrare giovani sbandati e disperati,  vittime di drammatici circoli viziosi    (droga, prostituzione, alcoolismo, criminalità).

Nel marzo del 1994  Chiara apre a  Frigoria (Roma)  la prima comunità di accoglienza   “Nuovi Orizzonti” dove centinaia  di giovani iniziano a ricostruire se stessi alla luce dell’amore di  Cristo.  Dopo quella prima casetta (con materassi sparsi per terra dappertutto per accogliere il numero sempre crescente di giovani che  bussavano alla porta della comunità)   si sono moltiplicati i Centri di accoglienza dislocati  in diverse città d’Italia e ora anche all’estero.

“Nostro Signore sulla croce non possedeva nulla.   La croce l’aveva data Pilato,  le spine e la corona le avevano date i soldati.     Lui era nudo e quando morì la croce,  le spine e la corona gli furono tolte,  fu avvolto in un lenzuolo offerto da un cuore generoso e sepolto in una tomba che non era la sua. Eppure Gesù avrebbe potuto morire  come un  re  e come un re avrebbe potuto risorgere da morte.   Scelse la povertà perché sapeva nella sua infinita conoscenza e sapienza che essa è il vero mezzo per possedere Dio, per conquistare il suo cuore, per far scendere il suo amore giù sulla terra”

                                                                      Madre Teresa di Calcutta