Sul Colle

Un commento alla lettera di don Paolo Tofani   “Lettera Aperta”

 

Stimo don Paolo per l’attività che porta avanti da molti anni, sia in campo sociale che in quello pastorale. Riguardo alla sua presa di posizione nei confronti

del ritiro della scomunica ai lefevriani da parte di Benedetto XVI,

mi sento di dire quanto segue.

 

Stiamo vivendo un periodo di grande incertezza, ad ogni livello; un’epoca di passaggio, l’ha definita qualcuno, l’ultimo quarto d’ora della storia, secondo i più catastrofisti, e ciò non può non avere influenze anche sulla Chiesa, intesa in questo caso non tanto come popolo di Dio ma come gerarchia. L’elezione di un vecchio cardinale sulla cattedra di Pietro non poteva che far riemergere istanze di restaurazione e di conservatorismo, aggravate dalla scarsa esperienza pastorale di Benedetto XVI (S.Em. Mons. Ratzinger è stato per decenni insegnante e a capo di un importante dicastero del Vaticano e solo per pochi anni vescovo della diocesi di Monaco di Baviera) e dalla scelta di persone non all’altezza al grado di collaboratori e consiglieri di Sua Santità. Sta di fatto che assistiamo spesso a scelte e prese di posizione che sconcertano.

Detto questo, con altrettanta schiettezza, dirò che riguardo all’atteggiamento di chi si sente “Presbitero proprio per il Concilio” (io credevo che fossimo preti di Cristo e per Cristo … semplicemente) si può benissimo ed altrettanto essere critici poiché forse e magari vorrebbe una Chiesa all’opposto, talmente protesa “in avanti” da ridursi ad una associazione priva di organizzazione, disciplina, regole, riferimenti, quasi esclusivamente impegnata nel sociale e nella promozione umana. Qualcuno potrebbe dire: A noi ci basta Cristo, ci basta il suo Vangelo! Attenti: perchè questo volendo dire tutto, alla fine, non vuol dire niente (la storia ce lo insegna), in quanto Cristo e il suo Vangelo, senza una “carne” (una “ciccia” si direbbe in toscano) che sia una autorità che guidi e una storia da considerare (chiamatela anche “radici” o più vetustamente “tradizione”), può essere strumentalizzato da chicchessia, financo per le guerre sante o … per le guerre di liberazione!

Per il resto, don Paolo, è bello e non è contraddittorio, che in questa nostra Chiesa, cattolica, apostolica e romana, possano convivere integralisti (i lefevriani lo potranno un giorno, perché ancora non sono nella piena comunione), progressisti, conservatori e chi più ne ha ne metta, in modo pieno ed autentico, un po’ come in una famiglia, dove i figli e i fratelli non sono tutti uguali e non la pensano allo stesso modo, eppure tutti hanno il diritto di starci … sotto il tetto, a condizione che nessuno pretenda la primogenitura. Il giorno in cui mi verrà imposto - ma questo non è successo e sono convinto non succederà - di essere prete non secondo la mia coscienza ma secondo la coscienza altrui (fosse anche quella di un papa), ebbene a quel punto non avrei esitazioni: uscirei da sotto il tetto (per continuare ad usare la metafora) anche se fuori facesse freddo o tempesta. Ma, viva Dio, la libertà che abbiamo nella nostra Chiesa non la riscontro in tante altre religioni e religiosità, così come in tanti rassembramenti umani, che vorrebbero magari dare chissà quali lezioni di stile e di civiltà, mentre invece sono e rimangono una accozzaglia di ottusi e di opportunisti.

Continua pure, don Paolo, a vivere e ad impegnarti “per una Chiesa che il Concilio Vaticano II doveva far diventare profezia”, guai se rinunciassimo alle nostre aspirazioni e alle nostre convinzioni … Anche perché, lo sai, alla fine di tutto: è lo Spirito Santo che agisce, è Cristo che vince.

                                                             

                                                                                                                                                     Don Franco