Piero Mazzoni                                                                   

Nasce a Firenze il 27 marzo 1952.
Attualmente risiede in località Capezzana, nel comune di Carmignano (Prato).          
                                                                                                                         
Mostre personali e collettive

 1976 - 3° concorso Città di Soresina.

 1988 - galleria "Artis" di Basilea.

 1990 - spazio Arte città di Groningen - personale.

 1993 - spazio Lori di Strada in Casentino - personale.

 1993 - galleria "Emilarte" palazzina presidenziale macelli Firenze.

 1994 - MAIL-ART Diritti e rovesci  Bagno a Ripoli - collettiva

 1998 - omaggio a Mario Mariotti "Manimario" chiostro S.Spirito Firenze.

 1998 - galleria "Stensen" Firenze.

 1999 - spazio Lori Arte Strada in Casentino - personale.

 1999 - partecipazione a "Bosco di pietra" Firenzuola.

 2000 - collettiva Palagio Parte Guelfa Firenze.

 2001 - "Immagini a futura memoria" La Soffitta Sesto F.no Firenze - personale.

 2003 - "Incontri disattesi” Lyceum internazionale Firenze- personale.

 2004 - "Ombre e assenze" galleria EstrArte Prato - personale.

 2005 – “Ombre e assenze” Villa Pozzolini Firenze – personale.

 2005 - "Contrasti" Sala Consiliare Cutigliano Pistoia - personale.

 2006 - "Legami" La corte arte contemporanea Firenze.

 2007 - [CON]SEQUENZE sala espositiva Castelnuovo Val di Cecina Pisa.

 2007 - collocazione de L'Assunzione della Vergine Maria nella chiesa di Colle di Quarrata.

 2008 - Il Pellegrino Colle di Quarrata.

 2008 - Il Volto di Cristo

 2009 - Scorie a palazzo Panciatichi

 2009 - ”Il Viandante” Spedale del Bigallo Bagno a Ripoli - collettiva

 2010 - Luce  INCONTEMPORANEA

 2010 - MODELLI

 2010 - Lo  Sbarco

 2010 - Il prete

 2010 - FIORGEN arte e solidarietà per la ricerca,Museo archeologico di Firenze-collettiva

 2011 - LES ITALIANES 2 galerie de l'Europe Parigi - collettiva

 2011 - EX CHIESA DEI  Barnabiti Firenze - con Castrucci e Lauri

 2011 - 500 OGGI  - collettiva con Castrucci e Lauri

 2011 - L'IMBARCO 

 

    Sito web personale

Caro Piero, ricordo di aver visto, nel 1993, una tua mostra alla galleria della Palazzina dei Macelli in via dell'Arcovata, dove esponevi dei dipinti insoliti, con oggetti isolati su grandi superfici e studiati fin nei minimi dettagli di colore e di luce, inframezzati da scritte, di cui non ricordo il tenore, se esplicativo o evocativo, o forse un pò ironico? (Che ho poi saputo tracciate dalla tua moglie Chiara) che davano ad essi l'aspetto e il fascino di tavole anatomiche. "Anatomie della vita domestica" mi pareva si potessero definire il ferro da stiro, l'interruttore della luce, il battipanni, un gancio, un manubrio, una cornicetta, uno specchio, un pennello, un guanto, un lume...

Quella serie s'alternò con i ritratti degli amici: occhi che scrutano, finestre che si aprono sull'intimo, con una prevalenza, che non sfugge, per i caratteri forti e volitivi. Poi vedo che il tuo sentimento s'è disteso, nell'intenzione di trovare soggetti che, sviluppati in grandi pannelli, si adattino a rallegrare interni.

E allora ecco la natura morta che si sostanzia degli studi del '93 nel fissare oggetti isolati o avvicinati in gruppi ossessivi, brani di paesaggio dove le nuvole si sfanno, giardini dove occhieggiano statue, interni che immettono su distanze variabili d'orizzonte, di trompe l'oeil che non vogliono ingannare ma piuttosto conciliare l'occhio con la simpatia che ispirano gli ambienti in cui si vive e la cui consuetudine si rinnova col semplice spostare l'angolazione da cui vederli, o cambiare, da sereno a temporalesco, il cielo che li sovrasta.

Bravo Piero, hai trovato un campo abbastanza vasto in cui maturare il significato stesso della tua umanità. Il tuo

                                      Alessandro Parronchi

Presentazione

dell’opera pittorica (su tavola) di Piero Mazzoni

«L’Assunzione  della Vergine Maria»

collocata nella chiesa il 20 maggio 2007

La chiesa

è il luogo privilegiato dell'incontro dell'anima con Dio, dal momento che Cristo ha posto al centro della fede in lui il sacramento dell'Eucaristia, cioè della sua perenne presenza «fisica» in mezzo ai suoi. La chiesa è detta quindi «casa di Dio» in senso proprio, e nella storia secolare del Cristianesimo ogni comunità, anche la più piccola, ne ha voluta una propria, realizzando spesso veri e propri capolavori, a costo di sacrifici talvolta eroici, per sottolineare di aver compreso e di voler vivere la buona novella del Nazareno: «Vado a prepararvi un posto, per voi operatori di pace e di giustizia, di amore e di misericordia, ma sarò con voi fino alla fine del mondo».

Non sempre i cristiani sono riusciti a stare vicini a Cristo e al prossimo in modo degno, ma resta il fatto che ogni chiesa ha una sua storia, espressione certo di un determinato contesto storico-artistico legato al momento della propria edificazione, ma anche e soprattutto del lento scorrere del tempo e delle generazioni, ognuna delle quali ha saputo e ha voluto lasciare - grazie a Dio - qualcosa che rendesse idealmente testimonianza del proprio credere e del proprio esistere.

Con questo spirito di chiesa, vista come spazio vivo e dinamico e non semplicemente e riduttivamente luogo della memoria - come vorrebbe far credere qualcuno, stravolgendone il vero significato - abbiamo accettato la donazione di questa splendida opera, realizzata da un artista semplice e genuino della nostra terra.

Grazie, Piero.                                                                                                               

L’opera

assunzione di piero mazzoni

 Trasformando lo spazio del coro della chiesa in studio artistico - quindi lavorando sul posto come facevano gli antichi -, Piero ha accettato la sfida di confrontarsi con un tema tradizionale dell’iconografia religiosa, tanto tradizionale da poter registrare centinaia, forse migliaia di immagini relative all’Assunzione al Cielo della Vergine Maria in tutto il mondo.

Eppure l'opera, su tavola di grandi dimensioni, è fresca ed originale, riuscendo a coniugare gli elementi storico-classici (la tomba vuota, il testimone, gli angeli e l'Assunta) con quelli contemporanei (madre con bambina e giocattolo, contadino, ragazzo in bicicletta); il tutto circondato da una natura esuberante che stupisce ed incanta per la precisa trasposizione dalla realtà alla finzione scenica.

Le colline sono tali e quali come si mostrano dallo splendido balcone di Colle; il cane ai piedi del giovane anticamente vestito (l'apostolo Giovanni? Tommaso, detto Didimo? o la semplice contestualizzazione dell'idea che il fatto narrato è storia e non mito?) è proprio quello del nostro carissimo Francesco, l'amato sacrestano, l'uomo più generoso e partecipe delle vicende del paese e della sua chiesa.

Guardare la scena creata dalla fantasia di Piero meraviglia e commuove - ecco perchè ho voluto riportare all’inizio la citazione di Chesterton - ma soprattutto aiuta il credente ad entrare nel mistero che la Chiesa ha definito come verità di fede (1950). E’ questa la differenza tra quadro a soggetto religioso e quadro degno di un luogo sacro.

- La tomba vuota richiama la Pasqua del Cristo risorto, il passaggio dalla morte alla vita, di lui Salvatore, di sua Madre e di ogni creatura.

- Maria è trasfigurata nella luce divina ma non è estranea al grido, magari inespresso, di una umanità fragile e sofferente, tant’è che una fascia rannodata discende dall’alto, così come tanti petali bianchi: una fonte di sefiroth (scintille divine) a cui dissetarsi e che non casualmente cadono nel sepolcro, cioè nella morte esistenziale e non solo carnale di ciascuno.

- La donna con la bambina, quest’ultima descritta nel gesto naturalissimo del quasi nascondersi abbracciando la madre, nel vento caratteristico di ogni luogo elevato sulla valle, è al centro dello sguardo e quindi dell’attenzione dei due uomini: è l’immagine forse centrale di tutta la scena, perchè esprime, proprio perchè madre, una profondità di affetti e valori senza i quali è impossibile elevarsi dall’umano al divino.

- Il gelso ricco di ributti, non casualmente posto dietro le figure moderne, mentre ci parla di un cristianesimo in perenne bisogno di rinnovamento (incarnazione nella società), richiama la frase di Cristo: «Se avrete fede quanto un granellino di senape, e direte a questa pianta: sradicati e trapiantati nel mare, vi obbedirà» (Luca, 17, 6).


- Il giovane in bici non è indifferente ai problemi del mondo, ma trasforma la sua fede in impegno (come dovrebbe essere per ogni cristiano, per ogni credente, per ogni uomo o donna di buona volontà), lo dimostra la rivista che porta ben stretta sul portapacchi: si tratta di Nigrizia, il mensile dei padri Comboniani, sicuramente fra i più impegnati nel diffondere il Vangelo e la giustizia sociale.

Un’opera completa dunque e non certo banale: per aiutare a crescere, per aiutare a capire l’arte, la vita, il mondo e... Dio.

 Don Franco

Ero stato invitato (del prof. Francesco Petri)

a vedere in anteprima l' "Assunta" che Piero aveva pitturato per la chiesa di S. Maria a Colle in quanto dovevo preparare la "presentazione" che state leggendo. Devo dire che ero piuttosto curioso di vedere come l'amico pittore fosse riuscito a dare forma ad un tema così difficile. Sapevo (forse da reminiscenze giovanili?), che il dogma dell'Assunta era tema quanto mai complesso per non dire ostico agli stessi teologi e che questa difficoltà la si ritrova anche nel modo in cui si è maturata nei secoli la storia della sua rappresentazione. La "Dormitio Virginis" di tradizione bizantina nasce nel X° secolo con una trattazione iconografica piuttosto scarna con la Madonna sospesa in cielo, portata dagli angeli, mentre in terra rimangono gli apostoli stupiti con lo sguardo rivolto verso l'alto. Il tema era stato poi completamente rinnovato nei primi anni del cinquecento da Tiziano e si era poi ulteriormente complicato con Rubens e Tiepolo che lo avevano rappresentato con effetti artistici mirabolanti.

Con queste essenziali conoscenze teologico-artistiche, una mattina di maggio mi sono lasciato alle spalle la città e sono salito sulle colline di Capezzagna (che non conoscevo). Guidato da Piero sono giunto alla piccola chiesa dell'Assunta dove mi sono trovato davanti alla prima sorpresa: un'architettura di Michelacci, e poi entrando al suo interno, mi sono affacciato, come in un quadro incorniciato dalla loggia, sulla veduta meravigliosa e immensa che si apre sulla piana sottostante di Prato e Pistoia.

Era necessario fare questa premessa perché è in questo mondo di ordine e semplicità Michelucciana, di reminiscenze carolingie, di spine della divina corona che nasce quest'opera. Anzi, come capita spesso per le opere d'arte di valore, queste costituiscono il distillato, la sintesi, il punto culminante di tutto il contesto storico e naturale che le circonda. Così è stato per me e il dipinto è stato la conclusione necessaria di questo percorso di avvicinamento.

Di fronte all'opera (che ho voluto vedere da solo per rinnovarmi la domanda iniziale su come Piero fosse riuscito a risolvere il problema della sua rappresentazione) ho capito che la sua risposta si poteva così riassumere: con grande semplicità. Parola oggi spiacevole e scarsamente apprezzata dai critici e dai cultori d'arte di professione, ma necessaria per avvicinarci al dipinto. Parola quanto mai necessaria su cui riflettere perché con questo termine si vuol dire riduzione all'essenziale, disposizione alla profondità, alla ricchezza contemplativa, all'integrità interiore, all'accettazione della complessità, all'ascolto del mistero e forse molte altre cose ancora che la riservatezza e il pudore che ineriscono anch'essi con il senso di questa parola trattengono dal dire completamente.

Mi sono subito reso conto che il mio compito sarebbe stato facile. Per fortuna per quest'opera non c'è bisogno dell'esperto, del critico d'arte, al massimo questo, come nel mio caso, può rendere evidente con qualche parola in più quello che è già tutto presente nell'opera, che è già lì sotto gli occhi di tutti. Per questo nella mia presentazione mi limiterò a cogliere solo l'aspetto essenziale del dipinto che rimane sospeso fra l'artistico e il teologico.

Nel dipinto la natura è tutto (rappresentata sul fondo da un grande cielo e dalle colline di Capezzana) ognuno la conosce per quella piccola parte di mondo in cui si è svolta la sua vita. Dal mondo della natura quasi come una sua personificazione nasce la donna che è madre, matrice e materia (la figura centrale del dipinto è la donna con un bambino in primo piano). Come portatrice di vita, Lei è Madonna, la più alta delle creature, tramite Lei passa tutta la nostra conoscenza, a Lei guardano gli uomini semplici e pellegrini in cerca di risposte di senso esistenziale (le figure del contadino e del ciclista), in Lei si addensa il mistero di Vita, Lei è la portatrice di Grazia

"Vergine madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

Termine fisso d'etterno consiglio…"

Caro Piero, potevo farti una presentazione più da critico d'arte, più estetica e dattagliata, ma contagiato dalla semplicità dei luoghi e dell'opera mi sono perso nella riflessione sul mistero che unisce la madre terrena a quella celeste.

Per questa volta parole estetiche e difficili le ho lasciate da parte, ai critici e agli intenditori di professione.

 
Photo gallery dei dipinti
         
   
         
     
         
   
         
                
 
   
           
         
 Altre opere
                                                                                                                                              
Dipinti murali a Capezzana e in agriturismo di Corsignano
       
 In chiesa e fuori a Colle


Tabernacolo di Sambuca e lavori in chiesa di Santa Maria alla Scala